Roger Van der Weyden (Tournai, 1399 circa – Bruxelles, 18 giugno 1464) - Il culto universale dei Santi Medici - Iconografia e Venerazione dei santi Cosma e Damiano

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Roger Van der Weyden (Tournai, 1399 circa – Bruxelles, 18 giugno 1464)

ogier van der Weyden, pseudonimo di Rogier de la Pasture (Tournai, 1399 circa – Bruxelles, 18 giugno 1464), è stato un pittore fiammingo, allievo di Robert Campin. Fu pittore ufficiale della città di Bruxelles e destinatario di commissioni dei duchi di Borgogna e dei re di Castiglia. Ebbe rapporti con la Casa d'Este ed altri casati italiani come gli Sforza e i Medici. Rogier fu uno dei primi pittori che usarono il supporto della tela a nord delle Alpi. Influenzò molti altri pittori del tempo come Dieric Bouts, Hans Memling o di generazioni successive come Joos van Cleef e Frans Floris. Il padre Henry de la Pasture era forgiatore di coltelli. Tuttavia, a lungo il padre di Rogier è stato individuato nello scultore bruxellese Henry de la Pasture (omonimo e forse parente del vero padre). Si è quindi erroneamente ipotizzato che la primissima formazione di van der Weyden sia avvenuta nella bottega del presunto padre e questo dato ha contribuito ad enfatizzare, forse eccessivamente, l’affinità della pittura del van der Weyden alla scultura, in modo simile a quella dell’italiano Mantegna. In ogni caso poco o nulla si sa della sua giovinezza e i primi elementi documentati della sua biografia datano al terzo decennio del XV secolo, quando Rogier si approssima ai trent’anni. In particolare, il 5 marzo 1427 entrò alla bottega di Robert Campin a Tournai, dove completò la sua formazione. Solo il 1º agosto 1432, a più di trent'anni, fu nominato maestro di pittura indipendente.
Nel 1449, in occasione del giubileo del 1450, intraprese un viaggio verso Roma, dove acquistò grande fama e fu ritenuto secondo solo all'altro grande fiammingo del tempo Jan van Eyck. Questo viaggio, con tappe a Milano, Mantova, Ferrara, Firenze e Napoli, fu fondamentale, negli studi storico artistici, per i precoci contatti tra scuola fiamminga e Rinascimento italiano, che ebbero profonde conseguenze negli sviluppi successivi. 

Sicuramente Rogier vide ed apprezzò gli affreschi nella basilica di San Giovanni in Laterano di Pisanello e Gentile da Fabriano, considerati all'epoca i maggiori artisti del tempo. Tra i vari artisti italiani con cui entrò in contatto ci fu anche Beato Angelico, all'epoca tra gli artisti più quotati a Firenze. Tra il 1460 e 1461 fu maestro del pittore italiano Zanetto Bugatto. 

Morì a Bruxelles il 18 giugno 1464, all'età di 65 anni.
Rogier van der Weyden si è cimentato con la pittura sui santi Cosma e Damiano, infatti la sua opera è conosciuta come La madonna dei Medici, un olio su tavola (61,7x46,1 cm) databile al 1460-1464 circa e conservato nello Städel di Francoforte sul Meno. 
L'opera venne sicuramente commissionata dai Medici a Firenze, come dimostra lo scudo col giglio fiorentino al centro del gradino inferiore. Le ipotesi di datazione oscillano tra il 1450-1451, anno in cui l'artista si recò a Roma in pellegrinaggio visitando varie corti italiane, e il 1460-1464, anni in cui è assegnato anche il Compianto e sepoltura di Cristo ispirato a una tavoletta di Beato Angelico e oggi agli Uffizi.
Su uno sfondo oro si apre un baldacchino, foderato da preziose stoffe damascate, sotto il quale si trova la Vergine col Bambino, san Pietro, san Giovanni Battista (patrono di Firenze), San Cosma, protettore di casa Medici, e san Giovanni evangelista. Essi sono disposti a semicerchio con efficaci accorgimenti spaziali, che sono riecheggiati anche dalla forma a padiglione del baldacchino. Cosma è rappresentato nell'atto di mettere una moneta nel borsello appeso alla cintura, riferendosi alla sua leggenda di come avesse accettato un piccolo compenso per una prestazione medica da una donna di nome Palladia, facendo infuriare il fratello Damiano.

Alcuni hanno messo l'opera a confronto con la Pala di Santa Lucia de' Magnoli di Domenico Veneziano, evidenziando le differenze tra le due scuole: se all'italiano preme una composizione equilibrata e scandita dall'architettura in prospettiva, al fiammingo interessa legare fisicamente ed emotivamente i personaggi, che appaiono stretti in gruppo. Le proporzioni in questo caso sono allungate e la struttura fisica è legata più al contorno delle vesti che a uno studio dell'anatomia sottostante.

Nella straordinaria natura morta in primo piano l'artista mette all'opera tutta la capacità fiamminga di creare piccoli microcosmi indagati con un'attenzione lenticolare al dettaglio. Al centro, davanti ai gradini del trono, spicca un'anfora metallica con effetti di lustro, da cui escono alcuni gigli: quelli bianchi sono il tipico tributo alla purezza della Vergine, quelli rossi richiamano ancora il simbolo di Firenze. Di grande ispirazione per gli italiani dev'essere stato il trattamento del metallo senza ricordo alla foglia d'oro o d'argento e la resa realistica del vetro della bottiglia in mano a san Cosma.

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