Paolo Domenico Finoglio (Orta d'Atella, 1590? - Conversano, 1645) - Il culto universale dei Santi Medici - Iconografia e Venerazione dei santi Cosma e Damiano

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ICONOGRAFIA E VENERAZIONE DEI SANTI MEDICI COSMA E DAMIANO
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Paolo Domenico Finoglio (Orta d'Atella, 1590? - Conversano, 1645)


on si conoscono gli estremi biografici precisi di questo pittore che, secondo De Dominici (1743), nacque ad Orta d'Atella (Napoli) intorno al 1590, mori a Conversano il  1645. La notizia della nascita in Orta d'Atella non è stata finora confermata da alcun documento: resta il fatto che il nostro, nelle opere firmate e nei documenti superstiti, compare come "Paulus Finolius Neapolitanus".

Seguendo alcuni indizi, già noti da tempo agli studiosi, che rivelavano un rapporto del F. con la provincia salentina (in primo luogo aveva sposato una donna di Lecce), è stata attuata una puntuale ricognizione del patrimonio pittorico secentesco locale che ha permesso di delineare con chiarezza l'attività del pittore a Lecce e nel Salento, a partire dal secondo decennio del Seicento. L'esame delle opere fin qui citate conferma in modo definitivo l'ipotesi già avanzata da alcuni studiosi sul percorso formativo dell'artista: certamente il F. apprese il mestiere in una delle tante botteghe tardo-cinquecentesche fiorenti a Napoli, assimilando il cromatismo e gli stilemi compositivi ed espressivi della pittura manieristica postridentina [132]. Si può ipotizzare ch'egli sia entrato in contatto giovanissimo, forse come apprendista, con Ippolito Borghese, come confermerebbe lo stile delle opere salentine. Né è da escludere che, ancora a Napoli, il Finoglio abbia lasciato prove difficilmente distinguibili dalla produzione minore della bottega del Borghese: è il caso del S. Andrea Avellino in S. Paolo Maggiore, a lui riferito [133]. Nel capoluogo salentino il nostro stabilì la propria residenza per un lungo periodo e, probabilmente, conobbe Rosa Lolli, la donna che sarebbe divenuta sua moglie (sicuramente prima del 6 maggio 1623, come è documentato in una carta notarile) e seguito prima a Napoli, poi di nuovo in Puglia, a Conversano, al servizio del conte Giangirolamo (II) d'Acquaviva. Dal matrimonio nacquero due figli, Beatrice e Giuseppe [134]. Si trasferì a Napoli e qui più tardi completò la sua opera più significativa la Circoncisione.

Altra esperienza fondamentale del primo periodo napoletano fu la collaborazione con il Borghese al polittico della chiesa di S. Antonio a Lauria, in Basilicata, probabilmente completato dal Finoglio come suggerisce un pagamento a lui effettuato il 26 marzo 1627 [135]. Di derivazione borghesiana è la grande pala con la Vergine apocalittica e santi per la chiesa di S. Maria della Serra a Tricase, vicino Lecce, opera tradizionalmente negata al Finoglio [136] sulla base di una data spuria un tempo visibile sul cartiglio della firma (D'Orsi, 1938, p. 59): cartiglio su cui perfettamente si legge, dopo il restauro, "Paulus Finolius Neapolitanus".

È assai probabile che nello stesso arco di tempo il nostro abbia prodotto anche un buon numero di opere destinate ad arredare le residenze signorili come suggerisce un documento di pagamento eseguito dal Banco della pietà nel marzo 1627 da parte di donna Lucrezia Cardenas principessa di Squillace "in conto di lavori che l'avrà da fare" [137]. Sono state recentemente avanzate alcune proposte di attribuzione: tra le più interessanti, quelle di un caracciolesco S. Giovanni Battista in collezione privata romana [138], del dipinto con Giuseppe e la moglie di Putifarre, già nella collezione Kress ed ora al Fogg Art Museum di Cambridge [138, 139] e della piccola tela con Cristo e l'adultera [140]. Di committenza privata doveva essere anche il Martirio di s. Sebastiano già nella collezione Longhi (ora a Capodimonte), per il quale l'attribuzione al Finoglio sembra pertinente. Secondo l'inventario del 1701 del palazzo del Buen Retiro, il nostro avrebbe dipinto per la corte spagnola una serie di grandi tele con soggetti classici e biblici di cui rimane un Trionfo di Bacco [140]. È probabile che la commissione di tali dipinti fosse avvenuta a Napoli, da parte del viceré, e che l'esecuzione sì sia protratta per diversi anni, anche dopo il trasferimento a Conversano.

Il 27 nov. 1632 il Finoglio viene citato, in veste di padrino, nel documento di battesimo di un nipote di Battistello Caracciolo (Marangelli, 1967, p. 196). Nel gennaio 1635 il suo nome compare in un documento notarile stipulato a Conversano, dove il F. viene detto residente. Nel maggio dello stesso anno, tuttavia, il F. risulta di nuovo a Napoli, insieme con la figlia Beatrice e con il suo promesso sposo F.A. Alefante: essi stipulano il contratto di rinuncia ai beni paterni in cambio di una donazione di 2000 ducati fatta dal pittore alla figlia [134]. È questa l'ultima testimonianza della presenza del Finoglio a Napoli; poi, fino alla morte. visse e lavorò principalmente tra Conversano e Monopoli.

Nella città di Conversano, al servizio dell'Acquaviva e della consorte Isabella Filomarino, il nostro fu per più di dieci anni protagonista della scena pittorica. L'opera più imponente è il ciclo di Episodi della "Gerusalemme Liberata" (Conversano, Municipio, Aula consiliare): dieci grandi tele ad olio in cui la grandiosità della concezione è pari alla qualità della pittura [141, 142].

Se l'intervento di collaboratori vi fu, com'è ovvio, esso non determinò però vistose cadute di stile: i restauri hanno messo pienamente in luce come quelle parti che un tempo si
credevano mediocri interventi della bottega fossero in realtà ridipinture successive [143]. L'esecuzione delle dieci tele (o almeno la gran parte dell'esecuzione) ha un suo presumibile terminus ante quem nell'anno 1643, in cui il conte di Conversano, accusato di lesa maestà, fu imprigionato a Napoli e poi a Madrid. Riabilitato, egli tornò a Conversano nel 1646, dopo la morte del Finoglio [143]. Legato alla stessa committenza è la decorazione pittorica della chiesa dei santi Cosma e Damiano in Conversano, costruita dopo il 1636, in cui l'intervento del nostro appare di qualità inferiore rispetto al suo solito

Cinque sono le pale d'altare che originariamente ornavano gli altari delle cappelle: S. Domenico guarisce i ciechi [139], Il battesimo dei ss. Cecilia e Valeriano [143], Il martirio di s. Gennaro (ora collocata in un corridoio dell'annesso monastero), Il miracolo di s. Antonio da Padova, La Vergine appare a s. Rosa da Viterbo. L'eterogeneità dei soggetti, di cui soltanto gli ultimi due sono riferibili alle tradizioni agiografiche dell'Ordine francescano cui la chiesa era affidata, ha fatto ipotizzare che i primi tre dipinti non siano stati concepiti ed eseguiti insieme con gli altri due in un programma decorativo organico [141].

Probabilmente non sono autografi, ma eseguiti su cartoni o disegni preparatori del Finoglio, gli affreschi che decorano la volta della chiesa, completati, stando alla data che vi compare dipinta, nel 1650 [141].

Più difficile si presenta il compito di stabilire l'autografia di un altro ciclo di affreschi, commissionato dall'Acquaviva: quello, cioè, che decora il soffitto della camera dei conti nel castello di Conversano. Si tratta di una serie di ovali con Storie di Giacobbe, per i quali non esiste altro termine cronologico oltre a quello, già fissato per le tele della Gerusalemme, del 1643 [143]; a meno che non li si debba ritenere opere di bottega eseguite dopo la morte del F., come suggerirebbe la vicinanza compositiva e stilistica con gli affreschi di S. Cosma [141, 136]. L'attività pittorica delnostro negli anni conversanesi si estende ad una serie di opere in cui si scorge in vana misura l'intervento di collaboratori.

In particolare si ricordano le tre tele che decorano il soffitto della chiesa dell'Annunciata ad Airola (ora in provincia di Benevento), databili ai primi anni di Conversano: Annunciazione, Madonna col Cristo [139] e Immacolata Concezione, in cui il Finoglio riprende gli schemi compositivi e iconografici utilizzati nelle due versioni dell'Immacolata di S. Lorenzo a Napoli [144]. Si può riferire agli stessi anni anche il Padreterno benedicente nella chiesa di S. Antonio Abate di Campobasso, in cui il nostro ripete, forse servendosi di collaboratori, il dipinto di S. Maria de' Sette Dolori a Napoli [145]. A Taranto (nell'episcopio) e nella vicina Grottaglie (chiesa del Carmine) si trovano rispettivamente una Apparizione di Cristo a s. Gaetano ed una Apparizione della Vergine col Bambino a s. Gaetano, in entrambe le quali sono distinguibili vasti interventi di bottega [146].

Per la chiesa dei paolotti di Conversano il Finoglio eseguì una copia della pala di Iacopo Palma il Giovane, conservata nella cattedrale di Monopoli, con La Vergine col Bambino e i ss. Rocco e Sebastiano [136]. Il medesimo Ordine gli commissionò anche, per la chiesa di S. Angelo in Monopoli, la tela con La Vergine col Bambino e i ss. Eligio e Trifone [142], uno dei culmini artistici del Finoglio [147, 141]. L'ultima tela eseguita dal nostro è considerata i santi Benedetto e Biagio, eseguita per l'altare maggiore della chiesa di S. Benedetto a Conversano [139], in cui è evidente un autentico gusto "barocco", che l'avvicina alle coeve realizzazioni romane e nordeuropee.

Nei dieci anni trascorsi nel feudo degli Acquaviva il Finoglio ebbe modo di integrarsi perfettamente nella società locale, intessendo una fitta rete di rapporti familiari e commerciali con esponenti delle classi medio-alte conversanesi e monopolitane. Una ricca documentazione attesta anche un'attività del nostro. nel campo della compravendita, del prestito e di altre imprese finanziarie [134]. Un importante riconoscimento sociale per lui furono, nel novembre 1642, le nozze della figlia Beatrice, rimasta vedova dell'Alefante, con il nobile conversanese G.B. Tarsia, alle quali fece da testimone Cosma Acquaviva d'Aragona, figlio primogenito del conte [134].

Il F. morì tra l'aprile ed il settembre del 1645, lasciando al figlio Giuseppe, insieme con i beni, una lunga serie di debiti e di affari da portare a termine [134].

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