Mattia Preti (Taverna, 24 febbraio 1613 - La Valletta 3 gennaio 1699)
attia Preti é nato a Taverna il 24 febbraio 1613 [296]; lasciò la vita terrena a La Valletta il 3 gennaio 1699. Senza nessun dubbio possiamo considerare il Nostro il massimo pittore calabrese [294]. Personalità complessa, ebbe una sostanziale organicità di stile. Il suo eclettismo apparente è dato, infatti, dal desiderio di raggiungere rapidamente larghi effetti decorativi sulla traccia dei Veneti dell'ultimo Cinquecento. La sua vita é stata lontana dalla sua terra, infatti lo troviamo prima a Roma, dove già si trovava il fratello Gregorio, anch'egli pittore, il quale rappresentò per il giovane Mattia il tramite per la conoscenza della pittura bolognese del Seicento. Nel periodo 1640-45 è forse da collocarsi un viaggio di studio in Italia settentrionale e in particolare a Venezia , dove P. poté avere visione diretta dell'opera di Tiziano e P. Veronese. Degli anni Cinquanta sono importanti commissioni pubbliche. Nel 1653 si trasferì a Napoli, dove rimase fino al 1660; qui eseguì dipinti di matrice caravaggesca, mediata attraverso B. Caracciolo e M. Stanzione, e studiò l'opera napoletana di Lanfranco, in uno stile sempre caratterizzato dalla libera padronanza dei diversi linguaggi acquisiti. Dal 1661, dopo un breve viaggio a Roma, fu a Malta, dove ottenne il titolo di Cavaliere di grazia dell'Ordine di san Giovanni e divenne pittore ufficiale dell'Ordine [298]. Lavorò con grandissimo fervore: dipinse, con una preparazione a olio, direttamente sulla parete, l'abside, la vòlta e il lunettone della grande chiesa di san. Giochiesa per ottenerne più luce e maggior agio a dipingere, e vi raffigurò il Trionfo dell'ordine dei Cavalieri, scene della vita di S. Giovanni, protettore dell'ordine, e i principali martiri-cavalieri [295]; inviò numerose tele da La Valletta in Italia, in Spagna e in Germania;
venne incaricato dalle confraternite locali e da aristocratici committenti di dipingere i quadri d'altare per numerosissime chiese in città e nell'interno dell'isola. L'opera del periodo maltese, caratterizzata da una concezione barocca dello spazio e dall'uso di un luminismo diffuso e di un colore denso (Cristo in gloria e santi, Prado; Convito di Assalonne , Ottawa , National Gallery) si orientò nella fase tarda all'impiego di una tavolozza più ristretta (dipinti nella chiesa di Sarria, 1676-78, Floriana e nell'oratorio della Decollazione, 1683, S. Giovanni, La Valletta). Opere di P. si trovano in quasi tutte le gallerie del mondo: la sua facilità nell'impiantare larghe tele da cavalletto e la ripetizione di schemi compositivi, con lievi varianti, in più quadri, gli permisero di dipingere un enorme numero di opere di carattere monumentale e decorativo.
Anche il Nostro si é cimentato nella raffigurazione dei santi Medici. Il dipinto era originariamente collocato sull’altare della “sala dei feriti” dell’Ospedale dell’Ordine dei Cavalieri di Malta a La Valletta e fu commissionato dal gran priore Piero Viani, del quale ostende lo stemma nobiliare insieme alla data 1698. Questa segnatura cronologica, precedente di un solo anno quello della morte di Mattia Preti, avvenuta appunto nel 1699 a ottantasei anni, commisurata alla qualità compositiva e stilistica, rende l’opera, nonostante l’evidente presenza di aiuti nell’esecuzione, una eccellente testimonianza della longeva autografia e vitalità artistica del pittore, ponendosi tra l’altro come esemplare del suo stile ultimo non privo di innovative soluzioni e quasi presago di nuove strade.
Concepita iconograficamente in perfetta corrispondenza con il luogo dell’esposizione, la “sala dei feriti” infatti era destinata allo svolgimento dell’attività di medici e di chirurghi di cui i Santi effigiati sono i singolari patroni, la pala mostra un’idea compositiva originale e di grande suggestione.
Al centro della tela sono dipinti, con un’originale postura, i santi Cosma e Damiano che si rivolgono le spalle l’un l’altro, quasi si trattasse di un’unica figura specchiata, anche per la pressoché simmetrica posizione delle braccia e torsione del corpo. Differisce l’inclinazione delle gambe e del busto di san Cosma, che è piegato a sinistra verso il ferito che giace esanime sul letto, mentre san Damiano, ispirato e grato, volge lo sguardo al cielo, quasi implorando misericordia per i derelitti che accoglie e conforta sulla destra [295]. È possibile che la donna inginocchiata davanti al Santo sia un’allusione alla matrona Palladia che, secondo la Legenda Aurea, venne guarita da san Damiano, il quale, senza il consenso del fratello, per questo motivo e per le implorazioni della donna dovette accettare suo malgrado un compenso.
Al centro della tela sono dipinti, con un’originale postura, i santi Cosma e Damiano che si rivolgono le spalle l’un l’altro, quasi si trattasse di un’unica figura specchiata, anche per la pressoché simmetrica posizione delle braccia e torsione del corpo. Differisce l’inclinazione delle gambe e del busto di san Cosma, che è piegato a sinistra verso il ferito che giace esanime sul letto, mentre san Damiano, ispirato e grato, volge lo sguardo al cielo, quasi implorando misericordia per i derelitti che accoglie e conforta sulla destra [295]. È possibile che la donna inginocchiata davanti al Santo sia un’allusione alla matrona Palladia che, secondo la Legenda Aurea, venne guarita da san Damiano, il quale, senza il consenso del fratello, per questo motivo e per le implorazioni della donna dovette accettare suo malgrado un compenso.