Giotto di Bondone (Vicchio,1267 - Firenze,1337) - I Santi Medici nell'Arte -Iconografia e Venerazione dei santi Cosma e Damiano

ICONOGRAFIA E VENERAZIONE DEI SANTI MEDICI COSMA E DAMIANO
ICONOGRAFIA E VENERAZIONE DEI SANTI MEDICI COSMA E DAMIANO
ICONOGRAFIA E VENERAZIONE DEI SANTI MEDICI COSMA E DAMIANO
Vai ai contenuti

Giotto di Bondone (Vicchio,1267 - Firenze,1337)

iotto di Bondone nasce intorno al 1267 da una famiglia di contadini di Colle di Vespignano a Vicchio nel Mugello vicino Firenze. La leggenda vuole che il giovane Giotto fosse
notato da Cimabue mentre pascolando le sue pecore le ritraeva su di un sasso. Così intorno al 1272 Giotto divenne allievo di Cimabue presso la sua bottega a Firenze vicino Santa Maria Novella. Insieme a Cimabue si reca a Roma e ad Assisi.

Intorno al 1290 apre la propria bottega. Un'altra leggenda vuole che sia stato lo stesso Cimabue a incitarlo quando cerò di scacciare da una tela a cui lavorava una mosca dipinta da Giotto. Pochi anni più tardi si reca ad Assisi per affrescare la Basilica Superiore con Le Storie di San Francesco.
A cavallo tra il 1200 e il 1300 Giotto si divide tra Assisi e Roma e raggiunge il suo massimo splendore. Diventa un artista molto apprezzato e molto ricco, tanto da superare il suo maestro Cimabue, come cita Dante, e da essere chiamato a nord per lavorare. Infatti viene chiamato a Padova per affrescare la Cappella degli Scrovegni tra il 1303 e il 1306 circa.
Rientra a Firenze intorno al 1311, come documentato da numerosi documenti relativi alle sue attività economiche. Tra il 1320 e il 1325 lavora alle Cappelle di famiglie facoltose fiorentine, come la Cappella dei Bardi e la Cappella dei Peruzzi in Santa Croce.
Viene chiamato a Napoli da Carlo D'Angiò intorno al 1327 per poi ritornare a Firenze quando viene nominato capomastro dell'Opera del Duomo di Firenze. Inizia i lavori per la realizzazione del Campanile, che da lui prende il nome e che mai finì. Giotto muore infatti a Firenze 8 gennaio 1337. Le sue spoglie sono conservate in Santa Croce.

Giotto non si é mai cimentato a raffigurare direttamente i santi Cosma e Damiano però lo vediamo ad interpretare la Preghiera di san Francesco nella chiesa di san Damiano. Questa raffigurazione detta anche Miracolo del Crocifisso è la quarta delle ventotto scene del ciclo di affreschi delle Storie di san Francesco della Basilica superiore di Assisi, attribuiti a Giotto. Fu dipinta verosimilmente tra il 1295 e il 1299 e misura 230x270 cm.
Questo episodio appartiene alla serie della Legenda maior (II,1) di san Francesco: "Pregando il beato Francesco dinanzi all'immagine del Crocifisso, dalla croce venne una voce che disse tre volte: "Francesco, va', ripara la mia chiesa che tutta si distrugge", con ciò alludendo alla Chiesa di Roma." Secondo la leggenda infatti, nel 1205 il santo si rifugiò nella chiesa di San Damiano presso Assisi e sentì parlare il crocifisso che gli chiedeva di "riparare la sua Chiesa", con il significato ambivalente dell'edificio e della comunità cristiana corrotta.

San Francesco è rappresentato in preghiera davanti al Crocifisso di san Damiano entro la chiesetta diroccata nei pressi di Assisi, alla quale sono crollati una parte del muro e della copertura del soffitto. L'ambientazione architettonica è tra le più efficaci di tutto il ciclo, con la chiesa disposta di sbieco secondo una prospettiva intuitiva che mostra attraverso le aperture dei muri crollati, ampie parti dell'interno dove si svolge la scena. I dettagli architettonici sono vividamente reali: le capriate, l'abside, il recinto con intarsi marmorei in stile cosmatesco. Il rapporto proporzionale tra architettura e figura umana è ancora fuori scala, secondo un metodo di rappresentazione simbolica che sarà superato solo nel Rinascimento.
La croce è rappresentata in maniera simbolica, non strettamente fedele all'originale. Viene comunque rispettato il canone "antico" dell'immagine: un Christus triumphans con ai lati i tabelloni dei dolenti, non un Crocifisso ammodernato come quello di Santa Maria Novella, come se ne vede ad esempio nella scena della Verifica delle stimmate [187].
Torna ai contenuti