Alessandro Turchi (Verona,1578 - Roma,1649) - Il culto universale dei Santi Medici - Iconografia e Venerazione dei santi Cosma e Damiano

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titolo del sito del comitato feste patronali di Alberobello
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ICONOGRAFIA E VENERAZIONE DEI SANTI MEDICI COSMA E DAMIANO
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Alessandro Turchi (Verona,1578 - Roma,1649)

lessandro Turchi nasce a Verona nel 1578. Il soprannome di Orbetto deriva dal fatto che il giovane artista era solito accompagnare il padre cieco. In un documento datato 1597, Turchi viene menzionato come “pittore domestico di Messer Felice Brusasorzi”. Tale alunnato si protrae fino al 1605, ovvero fino all’anno della morte del maestro. A questo punto l’artista, dopo aver completato assieme a Pasquale Ottino la gigantesca Raccolta della manna per la chiesa di San Giorgio in Braida a Verona, comincia a lavorare in proprio. Firma e data (1605) la pala di San Raimondo di Peñafort in Sant’Anastasia, mentre qualche anno dopo (1607) consegna, per l’altare dei Falegnami della chiesa di San Fermo, la grande Adorazione dei pastori. Il 12 dicembre 1609 “chiede di essere aggregato all’Accademia Filarmonica e succede a Felice come pittore ufficiale: un riconoscimento che gli viene volentieri concesso dai ‘compagni’ che lo conoscevano e apprezzavano le qualità di equilibrio e di eleganza della sua pittura. Questa visione ravvicinata dei primi anni che seguono la scomparsa del maestro dà la misura dell’impegno di Turchi sulla ribalta artistica veronese: un impegno inserito a pieno titolo nell’opera di rinnovamento delle chiese cittadine, che aveva avuto inizio alla fine del Cinquecento ed era stato portato avanti nello spirito attivo della restaurazione della Diocesi promossa dal vescovo cardinale Agostino Valier e dal successore e nipote Alberto”. In questi anni l’artista soggiorna qualche tempo fra le lagune, dove secondo Dal Pozzo (1718) “si fermò in casa di Carlo Saracini Pittore
Venetiano”. Non è da escludere inoltre una sua puntata a Mantova, prima del ritorno in patria. “Divisò poscia di veder Roma, quindi colà recossi con Marcantonio Bassetti altro suo condiscepolo e collo stesso Ottino ed ivi giunto diedesi con tutta l’applicazione allo studio delle opere di Raffaello, del Correggio e del Caracci formandosi uno stile tutto suo” [238]. Nell’Urbe l'Orbetto partecipa alla decorazione della Sala Regia del Quirinale assieme a Saraceni e Bassetti e, tramite Ascanio Filomarino, riceve alcune commissioni dall’influente cardinale Scipione Borghese, tra cui, tramite Giangirolamo II, la tela dei santi Cosma e Damiano esposta nella chiesa di san Cosmo a Conversano [223]. Entra, altresì, a far parte dell’elite aristocratica romana sposando una donna di nobile casato, la quale conduceva un tono di vita sfarzoso e dispendioso “con carozza e livree” [239]. Mancini inoltre informa che il pittore era “di buon costume, studioso e ritirato”, mentre Passeri aggiunge: “fu il Turco uomo amabile, e rispettoso, di non discara presenza, di pelo castagno, ma alquanto singolare nella guardatura, perché partecipava del losco, benché graziosamente. Si trattava con assai moderata civiltà, e quello che più importa fu di costumi degni d’un uomo onorato, e cristiano”.

Nel 1619 diventa membro dell’Accademia di San Luca, della quale peraltro viene eletto principe nel 1637 sotto il patrocino del cardinale Francesco Barberini. Poco dopo entra anche nella Pontificia Accademia dei Virtuosi al Pantheon [238]. “Pur così calato nell’ambiente romano, non abbandona tuttavia il Turchi le relazioni con la città natale: stando a Roma infatti esegue una delle tre pale per la Cappella degli Innocenti in Santo Stefano a Verona, cioè quella dei Quaranta Martiri. Ed è possibile che Turchi abbia inviato a Verona il suo lavoro insieme ai Cinque Vescovi eseguiti dal Bassetti per la stessa Cappella veronese”.

Massimo Pulini [223] nella sua relazione sull’attribuzione dell’opera così si esprime: nel percorso stilistico dell’Orbetto, coerentemente condotto in elegante alchimia tra natura e ideale, il dipinto di Conversano trova numerosi riscontri tipologici, fisiognomici e compositivi, anche con opere tra loro distanti. Oltre ad avere le inconfondibili forme della piena maturità, tornite e rotonde, che ponderano le figure e danno un alto peso specifico ai panneggi, facendoli ricadere per gonfie coste, i santi Cosma e Damiano rivelano stretti apparentamenti con il san Carlo Borromeo di Ripatransone (Ascoli Piceno) che è del 1623, e con l’Estasi di san Francesco di santa Maria in Organo a Verona, che sappiamo inviata da Roma nel 1644. Opere scalate nella lunga attività romana, ma accomunate dallo stesso pacato accoramento, che racconta un eloquio sentimentale senza mai giungere all’enfasi, sono dipinti caratterizzati dal medesimo ingombro scenico, che dà concreto protagonismo alle figure, fondendole in una atmosfera di mediana luminosità ed isolandole in uno spazio pulito, levigato.
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